sabato 22 gennaio 2011

America delle mie brame, chi è il più libero del reame? Dall'FBI a Base.exib Design: la saga dei Mitrione d'America in 100 anni di storia.


Ai Mitrione l'America affascina eccome. Avvocati a New York, campioni nel Minnesota, agenti federali a Washington da quasi un secolo. Un nome legato pure al Filegate di un'allora amministrazione Clinton, una tradizione che sembra non avere confini, un pionerismo che sbarca oggi anche nell'Arte e nel Design. - Perchè anche a lui, il nuovo Mitrione, fondatore tra le altre cose di una Base Exib Design USA, il pensiero liberale piace, la velocità di interagire, di cambiare, di trasformarsi della società americana rispetto a quella europea gli è congeniale. - I primi esordi d'oltreoceano risalgono al 1995, quando un suo lavoro diventerà il simbolo della lotta internazionale contro le malattie virali patrocinata dall'americana CDC (Centers of Disease Control and Prevention), o di quegli scatti ad un'allora presidente Clinton con in braccio una bambina fatti così da vicino alla base Nato di Aviano. - E proprio quel rapporto privilegiato con la base sarà per Stefano Mitrione l'anticamera per gli States - quì incontrerà un concetto della vita affine alle sue aspettative, e una pragmatica amicizia con l'effervesciente attore di teatro Melvin Zuercher, che lo aiuterà a comprendere sogni e conflitti di una società tanto idealizzata e complessa come quella americana. - Arriviamo così al 1999 quando Zuercher ritornerà alla terra di origine, si sposerà ed avrà due figli, poi il divorzio, ed infine di lui non si saprà più nulla. - Le feste all'interno della base, le amicizie e la nipotina addottiva Fatima, figlia dei Marshall, andranno via via sfumando, non lasciando alcuna traccia di quel passaggio che gli segnò profondamente il modo di fare e di pensare. Tutto divenne improvvisamente stretto e soffocante, l'America nel mirino dell'Islam si avviava ad un'altra imminente recessione, mentre a Milano incontrava già galleristi, artisti e gente comune - si apriva così un fervido periodo espositivo di personali e collettive, installazioni e performance, fino a quel tragico incidente stradale avvenuto in autostrada nei pressi di Bergamo, alle 11 di sera, dopo un'inaugurazione alla galleria di Tina Parotti. Di quel periodo ancora tanti sogni infranti, i vernissage, l'incontro con la rock-star berlinese Hanin Elias, il gruppo elettro-rock Port-royal, la gallerista Anna Canali e Tina Parotti, gli articoli sulle riviste di tendenza, ma anche lo shok dello schianto in autostrada, la paura quindi di viaggiare anche in auto oltre che in aereo. Io stessa, da otto anni al suo fianco, lo spronavo assiduamente alla ricerca di una sua nuova dimensione, di un suo spazio speciale. Qualsiasi cosa, anche l'America con tutte le sue contraddizioni al seguito - la nostalgia degli anni spensierati trascorsi con gli amici d'oltreoceano diventava sempre più radicata, il pensiero liberale lo permeava, e New York con i suoi diecimila artisti e le migliaia di gallerie d'Arte lo attraevano in maniera incessante, al limite dell'ossessione. - E dopo alcuni tentativi falliti ci fù il concorso, quello fortunato, e il primo invito da parte di una celebre galleria newyorkese, la Limner (fondata nel 1987 a Manhattan), ad esporre in una mostra intitolata Fantastic Visions - era il Settembre del 2004, l'anno dell'ingresso negli USA dalla porta principale di un nuovo, nuovissimo Mitrione. Ci fù pure un ampio articolo sull' anticonformista (e anticostituzionale) Direct Art Magazine e a seguire altre mostre come Strange Figurations nel Settembre successivo ed altre recensioni sul Direct Art, le performance al Greenwich parking e ben due Direct Art Award consecutivi. Non mancarono neppure gli inviti da parte di fondazioni come il Bronx Museum of the Arts e lo Sculptor Center di Long Island, i primi collezionisti come Julian Fifer, Tim Slowinski - insomma questa è ancora l'America delle possibilità, l'America dei sogni divenuti realtà. Oggi Stefano Mitrione è accettato come uno di loro, un creativo quasi americano - le conversazioni telefoniche con il suo gallerista sono sempre più frequenti, si parla di politica, di valori sociali, ma anche di fatti molto personali come la famiglia, l'incompatibilità verso una società consumistica ai limiti. - Perchè alla Limner c'è di fatto un altra America, non quella dei Bush, di Obama o di Hollywood - non quella della globalizzazione o dei McDonald, ma un'America lacerata e divisa dalla recessione e dall'odio, dall'estrema ricchezza e dall'estrema povertà, da ideali più o meno falsi e ideali più o meno veri, l'ambiguità dei valori e la vacuità degli status contemporanei in genere. - Ma a quale America mirava Mitrione?. Oggi l'ha raggiunta ed in cima ad un parcheggio multipiano di Greenwich Street a Manhattan campeggia la sua ultima performance digitale che richiama la bandiera multicolore della pace.